Cosa significano i fiori e le piante nella carta chiyogami

Quella meravigliosa carta giapponese dai mille intricati disegni e dai colori a volte delicati, a volte vivaci, che avete notato su scatole da tè e oggetti provenienti dalla Terra del Sol Levante ha finalmente anche per voi un nome: si chiama chiyogami, ed è una varietà di carta washi stampata con motivi tradizionali. Ne eravate da tempo innamorati, forse inconsapevolmente, ma ora che sapete dove potete acquistare la carta washi online, anche in Italia, avete deciso di comperare qualche foglio di chiyogami con la scusa di farne dono agli amici, oppure di usarla per i vostri lavori di fai da te, oppure semplicemente per creare dei pannelli decorativi da appendere in casa. Bene! Ottima iniziativa. Ecco però che di fronte all’immensa varietà di disegni e colori disponibili, cominciate a sentirvi un po’ a disagio. Vi sembrano tutti bellissimi, come è possibile scegliere? Il mio consiglio è quello di lasciarvi guidare non solo dal vostro gusto, ma anche dalla simbologia dei decori, di cui ho già cominciato a parlarvi alcune settimane fa. Già ho affrontato il tema dei colori, ai quali corrispondono significati e messaggi differenti, è venuto ora il momento di parlare del significato dei fiori e delle piante che con tanta abbondanza appaiono sulla carta giapponese.

Quello che forse più di tutti è noto in Occidente è il fior di ciliegio (sakura), simbolo imprescindibile dello spirito del Giappone. La sua delicata bellezza e fragile vita simboleggiano la transitorietà dell’esistenza. Si usa soprattutto in contesti primaverili e in relazione a persone giovani.

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Il pino (matsu), al contrario, è usato nella carta chiyogami per simboleggiare la longevità e la saggezza delle persone mature. La sua stagione è l’inverno. Allo stesso tempo, il pino, considerato albero vicino agli dei, rappresenta l’eccellenza e si presta per la celebrazione di importanti successi.

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Simile a quello del pino è il significato del bambù (take), usato come simbolo della costanza e della resistenza davanti alle avversità. E’ noto infatti come il bambù sia capace di resistere alla forza degli eventi grazie alla sua elasticità.

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Fiore di primavera è invece il prugnolo (ume), impiegato per indicare la bellezza della rinascita e l’importanza di perseverare nei propri obiettivi. Insieme con il pino e il bambù forma una triade spesso usata nella carta washi per inviare un messaggio di “buona fortuna”.

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Se in Occidente i fiori hanno di solito un carattere femminile, in Giappone si prestano anche a indicare virtù prettamente maschili, come il coraggio guerriero, l’onore e la nobiltà, rappresentati dalla peonia (botan).

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Il crisantemo (kiku), al quale noi italiani guardiamo con un po’ di timore perché fiore usato per onorare i defunti, è invece in Giappone simbolo di buon augurio in quanto associato alla longevità e alla casa imperiale. E’ legato inoltre alla stagione autunnale.

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Se dovete fare un regalo per la nascita di una bambina, nulla è più indicato che una confezione di carta washi decorata con la paulonia (kiri).

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Infine, per i più romantici, i fiori dell’amore: il glicine (fuji), la campanula (kikyo), simbolo dell’amore indissolubile e della fedeltà, e l’iris (kakitsubata), evocato dal poeta Yatsuhashi per salutare la sposa lontana, ma anche amuleto contro i cattivi spiriti.

Devo dire che tra tutti questi fiori il mio preferito rimane il prugnolo, per il suo significato e per il suo grazioso aspetto. E voi, qual è il vostro simbolo preferito? Avete mai provato a usare il linguaggio dei fiori giapponesi per mandare un messaggio?

 

 

5 regali di Natale per amanti del tè

Natale è ormai alle porte: avete già pensato ai regali? Negli ultimi giorni sono stata impegnatissima nella scelta dei doni più adatti per amici e parenti. E’ stato faticoso, ma sono quasi arrivata alla fine e anche quest’anno posso essere sicura che tutti quanti troveranno qualcosa di grazioso sotto l’albero. Fortunatamente, molti tra i miei amici condividono la mia passione per il tè, quindi non è stato difficile trovare dei regali perfetti per loro: il numero di gadget e accessori pensati per gli amanti del tè è infatti infinito e ho avuto soltanto l’imbarazzo della scelta. Voglio allora condividere le mie scoperte migliori con voi, nel caso foste ancora un po’ indietro con gli acquisti o abbiate bisogno di un consiglio dell’ultimo minuto.

Un buon tè di Natale

E’ un classico della stagione, il tè di Natale aromatizzato con frutta e spezie. Quest’anno però ho voluto variare, e invece del solito tè nero ho puntato su un tè pu-erh di alta qualità con mela, scorza di arancia e spezie. Ne ho comperato una bella confezione, che poi ho suddiviso in porzioni più piccole da affiancare a altri regali più importanti o da consegnare da solo, chiuso in una di queste deliziose scatoline ricoperte di carta chyiogami.

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La teiera magica

Ne avete mai sentito parlare? La teiera magica è uno strumento fantastico, che tramite un semplice meccanismo permette di versare il tè nella tazza evitando qualsiasi fuga d’acqua. In pratica basta preparare il tè nella maniera usuale, appoggiare la teiera sulla tazza e lasciare che il filtro sul fondo vi faccia scorrere il tè pronto. E’ anche bella e elegante da vedere, un successo assicurato.

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Un set di tazze giapponesi

Questo è un regalo che farà felici non solo i vostri amici amanti del tè, ma anche quelli che sognano continuamente il Giappone. Si tratta di una confezione di sei tazzine di ceramica giapponese dai colori molto delicati, perfetti per assaporare soprattutto il tè verde. La potete acquistare qui.

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Un divertente infusore

Lì per lì, quando l’ho visto, non ho capito il motivo della strana forma: un infusore per il tè in silicone a forma di omino. Poi però ho guardato le foto con l’infusore a galla in una tazza di tè fumante, con l’espressione beata di chi si sta godendo un bel bagno caldo. E ho pensato che doveva essere mio.

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Lo scaldateiera in lana a tema natalizio

Questo è adatto soprattutto se ve la cavate con lana e ferri e avete voglia di mettere alla prova la vostra manualità. Si tratta di uno scaldateiera in lana decorato a scelta con un albero di Natale o con un pupazzo di neve. Io lo trovo un regalo simpaticissimo e sicuramente molto originale. A questa pagina potete scaricare il progetto da realizzare con le vostre mani (le istruzioni sono in inglese).

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I simboli della carta giapponese: i colori

Uno degli usi più preziosi della carta giapponese consiste nella creazione di splendidi origami, per i quali viene usato un tipo particolare di carta washi. Questo tipo di carta si chiama chiyogami, termine che significa carta delle mille generazioni (chyo = mille generazioni, gami = carta). La carta chiyogami è washi giapponese decorata su uno dei due lati a stampa o stencil, con motivi dai colori vivaci. La sua origine risale al periodo Edo, quando cominciò a sostituire altri tipi di washi per la creazione di bambole e origami, sia a causa del suo prezzo inferiore che della bellezza delle decorazioni.

I colori e i disegni della carta chiyogami sono una gioia per gli occhi molto apprezzata anche in Occidente, dove però ancora poco noto è il simbolismo che ogni singolo motivo o colore vuole trasmettere. In Giappone, infatti, la scelta di una particolare carta washi non è dettata soltanto dal gusto personale, ma anche dal messaggio che vi si nasconde. Vediamo allora qual è il significato dei simboli usati nella decorazione della carta giapponese.

Partirò oggi dalla descrizione del significato attribuito ai diversi colori, per passare nei prossimi giorni a quello delle piante, degli animali e dei motivi geometrici.

ROSSO: specialmente in associazione con il bianco, è un colore di ottimo auspicio, usato soprattutto in occasioni festive quali i matrimoni o la nascita di un bambino per augurare ogni bene. Il rosso è il simbolo della vita.
ARANCIONE: anche l’arancione significa vita e felicità.
GIALLO: in Giappone è il colore simbolo del coraggio, della bellezza e della nobiltà.
VERDE: è il colore della vita e della fertilità. Particolarmente indicato per rappresentare la giovinezza.
BLU: contrariamente a quanto accade in Occidente, in Giappone il blu è un colore tipicamente femminile, poiché rappresenta qualità particolarmente apprezzate nelle donne quali la purezza.
VIOLETTO: indica privilegio e nobiltà.
BIANCO: come per il blu, anche qui troviamo un uso opposto a quello occidentale, perché il bianco è colore del lutto. Usato però anche per indicare la generazione e la vita che rinasce.
NERO: è il colore del mistero e della notte.

A ogni colore è associato anche un mese dell’anno:
GENNAIO: verde brillante e viola scuro.
FEBBRAIO: rosso cremisi e violetto.
MARZO: rosa pesca e color kaki.
APRILE: bianco e rosso borgogna.
MAGGIO: giallo.
GIUGNO: verdolino e giallo.
LUGLIO: rosso
AGOSTO: blu cielo.
SETTEMBRE: lavanda.
OTTOBRE: rosa.
NOVEMBRE: vermiglio e grigio-verde.
DICEMBRE: lavanda e blu scuro.

Washi, carta giapponese tradizionale

Carta giapponese washi
La ricchezza delle tradizioni artistiche giapponesi non smette mai di stupirmi. Teatro noh, origami, arti marziali, pensavo ormai di averle viste tutte, e invece mi ritrovo oggi a sorprendermi di fronte a un’altra meravigliosa creazione nipponica, della quale prima d’ora non avevo sentito parlare: la carta washi.

La carta washi non è una carta qualsiasi, ma rivendica a partire dal nome stesso la sua qualità espressamente nipponica. Washi significa infatti letteralmente “carta giapponese” (wa = giapponese, shi = carta), e del Giappone questa bellissima carta esprime il gusto per le cose raffinate, l’estetica della semplicità e l’amore per la natura. E’ un peccato che di tante arti giapponesi, quella della carta sia ancora poco conosciuta in Italia, o oscurata da una selva di inesattezze e di erronei preconcetti.

In primo luogo, per esempio, è sbagliato chiamare la carta washicarta di riso”, come purtroppo si sente spesso fare. Solo in pochissimi casi, infatti, la fibra di riso rientra tra le materie prime utilizzate nella lavorazione, forse una delle rare eccezioni all’onnipresenza del riso nelle produzioni giapponesi. Più comunemente, infatti, la carta washi si realizza a partire dalla corteccia del kozo, una specie di gelso dalla fibra molto coriacea, che conferisce al prodotto finito qualità di sorprendente resistenza.

Da sfatare è dunque anche il mito della carta giapponese fragile e dalla consistenza eterea. E’ vero che tra le mille varietà disponibili ne esistono anche di sottili e impalpabili come veli di bambagia, ma la carta washi più comune è solida, resistente, valida per usi eterogenei e spesso impensabili in Occidente.

E qui vengo al terzo pregiudizio da rovesciare: la carta giapponese non è come da noi solamente un umile supporto per la scrittura, ma si presta ai più svariati utilizzi, da materiale da costruzione a tessuto per il vestiario, fino a diventare un prezioso oggetto da collezione. Ma delle tante curiosità che ho scoperto sulla carta washi vi parlerò nei prossimi post.

Con zucchero o senza?

Ecco uno di quei dubbi capaci di dividere a metà il mondo di noi amanti del tè e di scatenare dibattiti in grado di andare avanti all’infinito: ma il tè va bevuto con o senza zucchero? Per quanto mi riguarda, ho bevuto tè estremamente zuccherato fino all’adolescenza. Così si faceva nella mia famiglia e la sola idea di poter bere tè amaro mi sembrava del tutto inconcepibile. Devo l’abbandono di questa abitudine alla famiglia irlandese che mi ospitò durante il mio primo soggiorno di studio all’estero, dove fui spedita dai miei genitori nella speranza che migliorassi l’inglese. Appena arrivata a casa, un po’ stanca e eccitata dalle tante novità, accolsi con grande piacere la tipica proposta di una tazza di tè da parte della padrona di casa, ma restai affatto sconcertata nello scoprire che non c’era zucchero disponibile in cucina. Per educazione mi accontentai di bere il tè così com’era, e lo stesso feci il giorno dopo e il giorno dopo ancora. Quando tornai in Italia il mio inglese non era poi troppo migliorato, ma non avevo più bisogno di mettere zucchero nel mio tè, anzi! Da allora, lo bevo solo ed esclusivamente amaro, oppure, da quando vivo a Londra, con una goccia di latte giusto per adeguarmi ai costumi locali.

In effetti, nemmeno in Inghilterra, considerata un faro della tradizione del tè nel mondo, esiste un parere condiviso. In molti bevono il tè così come esce dalla teiera, ma tantissimi preferiscono aggiungervi latte e uno o più cucchiaini di zucchero. Questa abitudine ha delle ragioni storiche, che è facile comprendere studiando le vicende che hanno portato alla diffusione del tè nel mondo. Originariamente bevuto amaro in Asia orientale, il tè cominciò a diffondersi nel resto del mondo grazie agli Inglesi, che ne promossero l’esportazione. Inizialmente, tuttavia, il sapore amarognolo del tè non incontrò i gusti dei nuovi mercati, e si deve probabilmente a questa scarsa propensione l’idea di aggiungervi dello zucchero. Oltre a questioni di gusto, l’abitudine di aggiungere al tè oltre allo zucchero anche del latte nacque probabilmente tra le classi meno abbienti dell’Inghilterra vittoriana allo scopo di aumentare le proprietà nutritive del tè.

Questa tendenza, inizialmente positiva, si è però trasformata nel tempo in un boomerang, che ha purtroppo trasformato troppe preparazioni industriali a base di tè in bombe per la nostra salute. Se infatti non c’è nulla di male nell’aggiungere una modesta quantità di zucchero al tè preparato in casa, bisogna fare molta attenzione alle bottiglie di tè preconfezionato che si trovano nei supermercati o alle miscele servite in alcuni bar di catena, come ad esempio il cosiddetto “chai latte”, che nella versione grande contiene fino all’equivalente di 10 cucchiaini di zucchero!

Se avete sempre bevuto il tè zuccherato, il mio personale consiglio è perciò innanzitutto quello di non esagerare, per rispettare la salute e evitare di mascherare completamente l’aroma originale della bevanda. Quindi di provare piano piano a eliminare lo zucchero, limitandolo magari solo a quelle varietà, come il tè alla menta o il chai indiano, in cui è divenuto parte integrante della ricetta. Con l’abitudine imparerete ad apprezzare il sapore amarognolo del tè, mentre l’assenza di zucchero vi aiuterà a percepire le mille sfumature delle diverse qualità. Per iniziare, vi suggerisco di scegliere tè dal sapore naturalmente dolce, come il tè bancha giapponese o il tè oolong da hong pao, e di passare solo successivamente a tè più amari come il tè nero aghi d’oro. Una regola mi pare però fondamentale: mai dolcificare il tè cinese o giapponese, questo davvero mai!

Il tè fa male ai bambini?

Il tè ha infinite proprietà benefiche, ma come per altre bevande e infusioni può talvolta sorgere il dubbio se sia il caso di offrirlo anche ai bambini. Al contrario di succhi di frutta, bibite gasate e altre bevande che ci propone la pubblicità, il tè non contiene additivi, conservanti e zuccheri in eccesso, cosa che lo rende una bevanda decisamente più sana di tante altre. Al tempo stesso, però, non sempre è chiaro se le sostanze salutari che contiene abbiano effetti positivi sui più piccoli. Ma allora, il tè fa bene o fa male ai bambini? La risposta è “dipende”: il tè può essere dato ai bambini in tutta sicurezza, purché si rispettino alcune semplici regole pratiche. Vediamo allora quali sono i rischi principali legati all’uso del tè in età pediatrica e come evitarli.

1. Troppo tè può provocare irrequietezza. Il tè, così come il cacao e la cioccolata, contiene moderate quantità di caffeina, molto meno della classica tazzina di espresso ma a sufficienza per dare a noi adulti un senso di vigile benessere. Non è però questo un buon motivo per lasciar bere ai bambini troppe tazze del nostro stesso tè: la piccola quantità di caffeina che contengono può essere pur sempre troppo elevata in rapporto al loro scarso peso e al diverso metabolismo, rendendo i nostri bambini nervosi e iperattivi – soprattutto all’ora della nanna.
Come risolvere: Per i bambini più piccoli, acquistate solo tè deteinati. In commercio se ne trovano di pensati proprio per loro, ma anche il tè deteinato per adulti può andare bene, senza contare la maggior varietà di qualità e di aromi. Quando i vostri bambini cominceranno a crescere, provate a dar loro tè dal basso contenuto di teina, come il tè verde bancha, e cercate di servirlo loro in mattinata o non più tardi dell’ora di pranzo.

2. Il tè può ostacolare l’assorbimento del ferro. I tannini naturalmente presenti nel tè, riducendo l’assorbimento del ferro da parte dell’organismo, possono aggravare stati di anemia in bambini già soggetti a questo problema.
Come risolvere: I tè non fermentati, come il tè bianco e il tè verde, contengono quantità basse di tannino, risultando dunque una scelta preferibile in caso di anemia. E’ sufficiente inoltre lasciare in infusione le foglie qualche minuto in meno rispetto alla ricetta standard per ridurre davvero al minimo la già scarsa presenza di tannini nella bevanda.

3. L’uso di zuccheri può instillare cattive abitudini alimentari. Tè dal sapore troppo pungente possono non incontrare il gusto dei bambini piccoli. Mamme e papà si sentiranno così tentati dall’aggiungere molto zucchero, pratica sconsigliata nei primissimi anni.
Come risolvere: Se i gusti del vostro piccolo sono ancora troppo immaturi per permettergli di apprezzare il sapore del tè, non cedete alla tentazione di zuccherare all’eccesso la bevanda. Provate piuttosto a offrirgli tè aromatizzati facilmente palatabili, come ad esempio il tè rosso alla pesca, totalmente privo di teina, oppure infusi ricchi di frutta, dal dolce sapore anche senza il bisogno di zuccheri aggiunti.

Il colore del tè, parte II

Nel post precedente vi ho parlato dei vari colori con cui si classificano le diverse qualità di tè – nero, verde, bianco, etc. – ricordando che questa terminologia è puramente indicativa e che il colore del nome non sempre rispecchia la tinta reale della bevanda che troverete nella vostra tazza. Il colore della bevanda filtrata può andare infatti dal giallo chiaro dei tè verdi al bruno dorato dei migliori tè neri, passando per varie sfumature di verdolino, rosso e marrone per tutte le altre qualità. Insomma, niente facce deluse se la vostra tazza di tè verde avrà un colore giallino, o se il vostro tè bianco una volta infuso nella teiera apparirà piuttosto ambrato che bianco o trasparente: tutto regolare.

Qualche preoccupazione deve invece insorgere se il vostro tè assume un colore troppo scuro: può essere segno di cattiva conservazione, di eccessiva presenza di tannini, ovvero le sostanze che determinano il colore scuro del tè e che danno alle varietà fermentate il loro caratteristico gusto astringente, o peggio ancora indizio, anche se non sempre, di scarsa qualità. Non esiste però una regola unica e determinante per stabilire quale colore dovrà avere il vostro tè una volta pronto per essere sorseggiato, perché molto dipende dal tipo scelto e dal genere di aromi che possono esservi stati aggiunti.

Se tuttavia desiderate andare sul sicuro, i miei suggerimenti sono i seguenti:
1. Comperate tè di qualità da rivenditori specializzati e seguite le loro indicazioni sui tempi di infusione. Non potrete sbagliare
2. Procuratevi una tazza graduata che vi permetta, attraverso una scala di colore, di sapere se la bevanda da voi preparata ha raggiunto il giusto grado di infusione, come questa:

3. Affidatevi a questa divertente tabella (anche se non promettiamo nulla sui risultati).

Il colore del tè, parte I

Tè nero, tè verde, tè bianco: si sa che le grandi famiglie di tè si distinguono per il loro colore, un po’ come il vino e la birra, anche se spesso la tinta del nome rimanda solo vagamente a quella reale delle foglie o della bevanda (tema al quale voglio dedicare il prossimo post). Nero e verde sono le due varietà più conosciute e diffuse, ma la tavolozza dei tè disponibili non si limita affatto a questi soli colori, tutt’altro! Accanto a queste qualità celebri ne esistono infatti tante altre, fatte di tè rossi, tè gialli e tè blu, forse meno famose ma non meno pregiate, che nel loro insieme contribuiscono a formare un vero e proprio arcobaleno di squisiti aromi. Proviamo a scoprire allora assieme i mille colori del tè.

Tè bianco: E’ un tè pregiato cinese ottenuto con i germogli e le foglioline più tenere della pianta, raccolti in primavera. Dal sapore delicato, il tè bianco viene prodotto lasciando seccare naturalmente le foglie al sole. Il nome deriva dal colore chiaro dei germogli secchi, dovuto alla presenza di una finissima peluria color argento.

Tè giallo: Per tè giallo si intende una qualità di tè verde sottoposto a un processo più lento di asciugatura: la maggiore presenza di acqua conferisce al tè un colore giallino.

Tè rosso: Non si tratta realmente di un tè, ma di una tisana a base di Rooibos, termine Afrikaans per indicare la pianta dell’Aspalathus linearis. Il tè rosso, dal dolce sapore e dal caratteristico colore brunastro, non contiene caffeina, ma possiede moltissime proprietà benefiche.

Tè nero: Il classico tè fermentato dal colore scuro e dal sapore intenso.

Tè verde: Altro grande classico diffuso soprattutto in Asia, amato per il suo sapore fresco e per le sue qualità salutari.

Tè blu: Forse il più sorprendente di tutti. Mentre in Cina il colore blu indica la famiglia di tè semiossidati alla quale appartiene anche il tè oolong, oggi è comune indicare come tè blu anche miscele di tè alle quali siano stati aggiunti petali di fiori azzurri. Particolarmente raccomandato per stupire gli amici con qualcosa di speciale, il tè blu è un piacere per gli occhi, oltre che per il palato.

Aprirà a Londra il primo tea pub

Chiudete gli occhi e pensate all’Inghilterra: vi verranno in mente la regina, i famosi collegi, le verdi distese di prati, l’ora del tè… Eppure, secondo Alex Holland, qualcosa è cambiato nel rapporto tra gli inglesi e il tè: se ne beve ancora tanto, tantissimo e a ogni ora, ma la qualità è veramente modesta, troppo per un Paese che può vantare una così ricca tradizione. Possibile che per i francesi sia naturale gustare tè dal sapore raffinato, mentre gli inglesi si accontentino di trangugiare scipite bevande fatte con bustine dal dubbio contenuto? Deciso a rivendicare un primato nazionale, Holland ha fatto propria la missione di riavvicinare i connazionali alla vera arte di sorseggiare il tè, e ha pensato che un’altra tipica tradizione inglese avrebbe potuto aiutarlo. Ha lanciato dunque una campagna di crowdsourcing per raccogliere fondi sufficienti all’apertura di un pub molto speciale, dove al posto della birra sia possibile ordinare tè pregiato da bere in compagnia degli amici. La raccolta è stata un successo e l’apertura di Brew, il primo tea pub londinese, è prevista per l’autunno di questo anno.

Non aspettatevi l’atmosfera compassata delle classiche sale da tè: il tea pub sarà un luogo allegro e conviviale, pieno di musica e attività ricreative, nella migliore tradizione dei pub inglesi. A essere servite saranno cinque qualità di tè della casa, più a rotazione alcuni special guests, mentre non mancheranno i pasticcini d’accompagnamento e piacevoli sorprese come i cocktail a base di tè. Vietatissimo invece il tè in bustina, rigorosamente bandito dal tea pub, che servirà solo ed esclusivamente tè sfuso di alta qualità.

Se state organizzando un viaggio nella capitale inglese per il prossimo inverno, non dimenticate dunque di mettere tra i vostri piani un salto da Brew, per riscaldarvi con una buona tazza di tè nell’animata atmosfera di un vero pub londinese. E se non potete allontanarvi dall’Italia, perché non provate a ordinare online tè sfusi pregiati, da bere con gli amici nella vostra casa? Potreste scoprire che per gustare un tè di qualità non è poi necessario andare tanto lontano.

Tè verde o tè nero? La differenza non è solo nel colore

Vi siete mai chiesti qual è la vera differenza tra tè verde e tè nero? A determinare il diverso sapore e colore delle due bevande non è tanto il tipo di pianta utilizzato, in entrambi i casi appartenente alla specie della Camellia sinensis, quanto il processo di lavorazione. Il viaggio dalla pianta alle nostre teiere comincia sia per il tè verde che per il tè nero con la raccolta a mano delle foglie più tenere, a più riprese nel corso dell’anno, seguita da una breve essiccazione. A questo punto, le strade di tè verde e di tè nero si dividono. Il tè verde viene infatti sottoposto a un processo di riscaldamento, generalmente attraverso l’uso di vapore, che blocca il processo di fermentazione e garantisce la conservazione delle caratteristiche originarie della pianta fresca, in particolare la quantità di sostanze benefiche quali flavonoidi e vitamine. Nel caso del tè nero, invece, il processo di ossidazione non viene fermato ma incoraggiato attraverso la frammentazione delle foglie e la loro fermentazione per un periodo che va dai 30 minuti alle due ore. Si ottiene in questo modo una bevanda dal sapore più dolce in grado di conservare le proprie caratteristiche intatte molto a lungo, a differenza del tè verde che deve essere consumato entro un anno dalla produzione. Un mito da sfatare è poi quello relativo alla presenza di caffeina nelle due varianti di tè: il tè verde non è necessariamente più leggero, anche se i tè neri più diffusi contengono una quantità leggermente superiore di caffeina rispetto ai tè verdi. Per quanto riguarda la diffusione, è risaputo che il tè verde è bevuto soprattutto in Cina e Giappone, mentre Europa e America danno la preferenza al tè nero, per via del gusto più rotondo e deciso, che si avvicina maggiormente alle abitudini del nostro palato. A un primo approccio il tè verde può sembrare poco gradevole, ma bastano poche tazze per imparare ad apprezzarne il gusto fresco e delicato. In commercio esistono poi moltissime varianti di tè verdi aromatizzati, per esempio il tè verde al gelsomino o il tè verde al limone e zenzero, che con i loro sapori profumati rappresentano una perfetta introduzione all’uso di questa salutare bevanda.